Corrispondenza - Camille Claudel

"... Leggo con stupore il suo resoconto sul Salon in cui mi accusa di essermi ispirata a un disegno di Rodin per la mia Clotho. Non avrei problemi a dimostrarle che la mia Clotho è un'opera assolutamente originale..."
Questo breve estratto dalla numerosa corrispondenza di Camille Claudel avuta con committenti, artisti, giornalisti, amici, direttori, riassume la forza e la determinazione di un'artista che è riuscita ad emergere dall'ombra del suo maestro, lo scultore Auguste Rodin. Resa nota dalla brillante trasposizione cinematografica dell'88 e da una seconda, meno fortunata, del 2013, la scultrice Camille Claudel affronta la vita come un torrente in piena: travolgente, vivo e drammatico, e non poteva essere diversamente per una donna di fine ottocento che si lascia incantare da un'arte fino a quel momento a completo appannaggio degli uomini. Rodin la assume come allieva in giovane età, ben presto ne diventa anche amante, e ne rimarrà innamorato fino alla di lui morte. In una sorta di romanzo epistolare si ripercorrono le tappe della vita tormentata dalle difficoltà economiche insieme al percorso artistico e all'evoluzione tecnica di Camille. Come sempre mi chiedo cosa dovrebbe attirare un lettore profano dell'arte, estraneo all'arte pittorica e ancor più, poiché forse più distante, all'arte scultorea. "Corrispondenza" ruota intorno all'arte di Camille, si nutre di essa, ritroviamo infatti lettere che descrivono la crescita di opere divenute fra le più importanti della produzione di Camille, come l'autobiografico L'Âge mûr o il tormentato La Valse, ma la vera protagonista di questa raccolta è la vita stessa di Camille, centellinata lettera dopo lettera, scoperta in un accenno, nella descrizione di uno stato d'animo e mentale.
Una vita tutt'altro che noiosa, in bilico forse, ma viva, attiva. L'amore nato dall'ammirazione per il suo maestro che non sarà immune da riprovazioni, negazioni, sotterfugi, e che avrà, almeno per Camille, un triste epilogo, come uno scotto da pagare per il grande talento, spesso accusato ingiustamente di plagio, come nell'estratto sopra, ma che è invece ispiratorio per Rodin. E quindi la pazzia, triste compagna di molti artisti, le manie di persecuzione nei confronti del suo maestro, nate probabilmente dalla vita in completa solitudine, se tale può essere definita la totale dedizione al suo lavoro e alle sue opere, con il conseguente internamento durato sino alla morte, in tarda età. Le lettere accorate scritte dal sanatorio, mai spedite dal personale, che palesano la malattia, sempre presente anche in vecchiaia, toccano l'apice della drammaticità. Una lettura difficile, impegnativa, non per lo stile, ma la portata emotiva, sempre in crescendo, e che strappa sicuramente qualche lacrima.
Vorrei spendere due parole per l'edizione. L'Abscondita è una casa editrice che pubblica documenti d'artisti, lettere, diari, e ne arricchisce i contenuti con foto, di opere e documenti, e note, conferendo un elevato tono documentaristico alle sue pubblicazioni. Edizioni che non sempre sono di facile reperimento, ma che custodiscono un prezioso tesoro. A chi capitasse di trovare pubblicazioni di questa CE su bancarelle o librerie non posso fare a meno di raccomandarne l'acquisto.

Il tormento e l'estasi - Irving Stone

TormentoEstasi Stone 1“… in ogni professione fusse abile, operando per sé solo, a mostrare che cosa sia la perfezzione dell’arte del disegno nel lineare, distornare, ombrare e lumeggiare, per dare rilèvo alle cose della pittura…”

In "Vite degli artisti" Giorgio Vasari include questa descrizione di Michelangelo, dicendo quanto fosse capace in ogni suo lavoro artistico, perfetto nella realizzazione delle sue opere.
In "Il tormento e l'estasiIrving Stone omaggia il grande artista in una biografia romanzata, che non manca di documentazioni accurate, in cui si svelano, per chi è digiuno in storia dell'arte, svariati aneddoti, nonché importanti avvenimenti, della vita del Buonarroti.
La storia parte dal momento stesso in cui la passione per la scultura dell'artista trova finalmente modo di sbocciare. Introdotto dall'amico Granacci nella bottega del Ghirlandaio, Michelangelo ha la possibilità di affinare dapprima l'arte del disegno per poi, incluso alla corte di Lorenzo il Magnifico e sotto gli insegnamenti di Bertoldo di Giovanni, perfezionare le sue già eccelse capacità scultoree insieme alla personale cultura. La corte, frequentata dai più grandi filosofi e letterati dell'epoca, permette di ampliare le conoscenze di Michelangelo fornendolo anche di un nuovo strumento artistico: la scrittura. Non pago delle sue soli creazioni figurative, nei momenti di maggior frustrazione trova soddisfazione nel componimento di sonetti che Stone include nell'opera. Ma al di là dell'accuratezza storica, della linearità del racconto e del realistico susseguirsi dei probabili eventi della vita di Michelangelo, cosa fa de "Il tormento e l'estasi" un vero capolavoro della letteratura contemporanea? Non c'è artista o storico dell'arte, o anche animo sensibile del lettore che si avvicina a tale lettura, che non si faccia catturare dalle penetranti introspezioni del protagonista, dall'estasi che scaturisce nel creare un'opera d'arte, sensazione forte e travolgente che penetra nell'animo fino all'estremo, tanto da essere al contempo estasi e tormento, che Stone non riesca a comunicare senza sfiorare le corde più sensibili e intime. Nel concretizzarsi, idealmente prima e materialmente poi, delle opere più importanti, la Pietà, la Cappella Sistina, il Davide, il Mosè, il Giudizio universale, Stone accenna ai particolare tecnici che riguardano la realizzazione, ma indugia senza rischio di annoiare sulle emozioni che Michelangelo ha probabilmente vissuto. Gli appassionati del romanzo storico troveranno grande fonte di ispirazione, e soddisfazione, nelle descrizioni di un periodo storico che ha posto le basi per una nuova cultura che influirà i secoli avvenire, con Lorenzo il Magnifico infatti nasce l'accademia di belle arti, senza incorrere in incongruenze storiche.
Personalmente, appassionato di lettura e storia dell'arte, non rischio di sbilanciarmi definendo l'intero romanzo un'opera di sublime bellezza, rifugiandomi forse in un'espressione un po' desueta, ma che lo riassume egregiamente.
La mia versione è una vetusta edizione della Dall'oglio, ormai introvabile, ma laCorbaccio ha pubblicato un'edizione più recente, rinnovata ed economica.

Diario di un genio - Salvador Dalì

2010-10-04 171922
“Ogni mattina, svegliandomi, sperimento un piacere supremo che oggi scopro per la prima volta: quello d'essere Salvador Dalì, e mi domando, colmo di meraviglia, cosa farà ancora di prodigioso oggi questo Salvador Dalì...”
Eccentrico, folle, consapevolmente geniale, vanesio, esibizionista, in una parola:Dalì.
Diario di un genio”, di cui sopra riporto una citazione, è una delle autobiografie auto celebrative che Dalì scrive e nella quale racchiude, con molti vuoti, gli anni che vanno dal '52 al '63. Noto a tutti per le sue atmosfere oniriche, per i particolari simbolici ossessivamente ripetuti, in questa occasione ci mette a parte della nascita dei suoi progetti, realizzati o puramente utopici, dunque le ragioni emotive, tecniche o economiche celate dietro la realizzazione di una tela, di un film, di una scultura, ragioni però che passano in secondo piano di fronte al prendere corpo, nel suo abituale stile, trasportato dall'arte visuale in quella letteraria, dell'amore per la vita e per la natura, l'amore sconfinato per la “divina” Gala, la sua compagna, volti di amici, come quello di Federico Garcìa Lorca, e di nemici, idee filosofiche, morali, religiose, scientifiche.
Quando esprime le sue sconcertanti idee ha cura di specificare che parla seriamente, che pronuncia la più rigorosa verità, lontano da ogni scherzo o facezia. La narcisistica necessità di essere il perno attorno a cui ruotano le vite altrui è accompagnata dal sincero entusiasmo fanciullesco, spinta motivante per il conseguimento dei suoi obiettivi. Fra le righe del suo diario, surreale non meno delle sue opere artistiche, emerge sì un forte legame col denaro e la popolarità, ma slegati dal concetto di ostentazione e successo. Artista surreale che ha reso la sua stessa vita un'unica, grande opera d'arte surrealista.
Nel cercare le ragioni che dovrebbe spingere il lettore estraneo al mondo dell'arte ad avvicinarsi a Dalì ne ho trovate un paio: la prima semplicemente culturale, la seconda più emotiva, sentimentale. Cosa spinge ognuno di noi a leggere TolkienGaimanMartinLewis? Non è il bisogno di essere trasportati in un mondo fantastico, o per dar sfogo alle nostre fantasie infantili che rimangono ancorate saldamente dentro di noi? Dalì, non meno dei noti scrittori del genere fantasy, ci prende per mano e ci trasporta in un mondo, il suo mondo, che lui stesso ha realizzato e dentro cui viveva.

L'amante del bosco - Susan Vreeland

Per quei pochi che ancora non conoscessero Susan Vreeland, il titolo di quest'opera potrebbe indurli in inganno. Lontano dall'essere un melenso romanzo d'amore, L'amante del bosco è il ritratto vivo e avvincente dell'artista Emily Carr che la Vreeland traccia con uno stile personale e raffinato. Già prima di Georgia O'Keeffe e Frida Kahlo, Emily Carr, come una nuova Gentileschi, si impone nel mondo dell'arte in un ambiente ostile, come quello delle colonie crescenti dell'ovest del Canada, con forza e determinazione.
I soggetti trattati, i manufatti artistici dei nativi tra cui figurano totem imponenti e sculture lignee di spiriti della natura nel loro ambiente naturale, rappresentati con le nuove cromie fauve che la Carr scopre nel suo soggiorno a Parigi, la rendono estranea all'ambiente ristretto e chiuso della Vancouver di inizio secolo. L'affetto nutrito nei confronti dei nativi, il legame con i boschi sconfinati che la circondano e il profondo amore per l'arte, un amore che la spinge a rinunciare ad una vita comoda e ad un probabile passione sentimentale, costituiranno la forza motrice del suo lavoro artistico. La Vreeland, già autrice di altri romanzi a tema artistico come il famoso La passione di Artemisia e La vita moderna, con uno studio lungo diciassette anni, ricompone i pezzi di una vita che, oltre alle opere, non ha lasciato molto dietro di sé, riempendo i vuoti storici con qualche libertà narrativa, onestamente dichiarata, ma che risulta in modo sapiente e gradevole come complemento del romanzo. L'artista ci si viene presentata nelle varie fasi della vita senza trascurare dubbi, ansie e gioie che verosimilmente hanno albergato nella sua mente. Personalmente, quale appassionato e studioso di storia dell'arte prima, e come artista poi, ho trovato in questa opera la giusta spinta emozionale per creare nuovi lavori ed orientarmi verso soggetti a me cari utilizzando una tavolozza per me rinnovata, e volgendo uno sguardo alla natura nuovo, più vivace e vitale. Una biografia romanzata che ha lasciato il segno nel mio cuore di artista e che colpirà chiunque voglia guardare con occhi diversi il mondo complesso, e a volte controverso, dell'arte.

Rumore bianco - Don DeLillo

Nell'aprocciarmi a DeLillo avevo intuito che Rumore bianco non sarebbe stata una comune lettura, di quelle spensierate da fare in momenti morti. La conferma l'ho avuta già dalle prime pagine del romanzo.

La famiglia Gladney, composta dal padre Jack, professore nella facoltà della cittadina in cui vive, con alle spalle tre matrimoni, Babette, anch'essa non al suo primo matrimonio, i figli dei precedenti matrimoni dell'uno e dell'altro, Denise, Steffie, Heinrich e Wilder, trascorre una placida esistenza, caratterizzata dal rassicurante consumismo americano degli anni '80, fino a quando un disastro ecologico, "l'evento tossico aereo", farà emergere paure e ossessioni non confessate. I due coniugi così scopriranno di avere in comune più cose di quanto immaginino.

Penso che fino a questo momento Rumore bianco possa essere considerato la lettura più importante dell'anno, come nello scorso anno sono stati Stoner e Il tormento e l'estasi. La ragione la si può ricercare nello stile di DeLillo con cui la trama, per quanto interessante e attuale, passa in secondo piano. Uno stile che non risulta né semplicistico né eccessivamente elaborato, né scarno di introspezioni né indugia eccessivamente in pensieri futili, trovando dunque  il perfetto equilibrio narrativo. Il punto forte è appunto l'introspezione del personaggio, in questo caso la voce narrante Jack, che è costruita magistralmente per condurci nell'evoluzione, o piuttosto al palesamento, della personalità, con i suoi disturbi e ossessioni, di Jack e Babette. Alcuni accusano un brusco e repentino cambio di situazioni, di pensieri e di lassi temporali, senza avere in apparenza legami fra loro, ma sono proprio questi "zapping" mentali che ci restituiscono un profilo psicologico completo. Un libro quindi che rimarrà a lungo nel mio cuore e nella mia mente, e che verrà collocato sul podio non solo dei libri più amati, ma di quelli, più importanti, che mi hanno aiutato a crescere e formarmi culturalmente.

Morte di un uomo felice - Giorgio Fontana

Dopo lo Strega, il premio letterario italiano più atteso è senz'altro il Campiello. Quest'anno il vincitore, scelto, come di consueto, da una giuria di trecento lettori, è stato Giorgio Fontana con Morte di un uomo felice. 
Dopo qualche incoraggiamento da altri amici lettori, ho deciso di leggerlo senza porre troppo tempo in mezzo. Non posso che ringraziare chi mi ha spinto a farlo, in quanto Fontana si è rivelato degno vincitore di tale premio.
Una trama che sfiora due periodi "delicati" della storia italiana, il secondo dopoguerra e gli anni di piombo. Nel primo l'attenzione si concentra su Enrico Colnaghi, padre, operaio e partigiano coraggioso che sacrifica la sua vita per il bene di tutti. Nel secondo conosciamo Giacomo Colnaghi, figlio di Enrico, cresciuto orfano di padre, fra oratorio, un lavoro in banca e, infine, magistrato.
Sebbene le vicende storiche non si limitino a fare da sfondo alla trama, un posto importante per esempio lo assume la vicenda da magistrato contro le Br di Giacomo, il reale fulcro attorno a cui ruota il racconto sono i sentimenti fra padre Colnaghi e figlio. Un rapporto nato da una lettera e dai racconti, dall'idealizzazione e dalla storia italiana. Giorgio Fontanta, con uno stile a tratti un po' acerbo e a volte troppo compiaciuto, riesce malgrado ciò ad essere gradevole, a catturare il lettore, ma non solo, anche a toccare le corde dei sentimenti più profondi, qualche lacrimuccia ammetto di averla versata, e a mettere a parte noi italiani di una storia non narrata, forse perché troppo recente e dolorosa, ma non per questo da dimenticare, quella appunto degli anni di piombo, e che solo recentemente Francesco Piccolo, con Il desiderio di essere come tutti, vincitore del premio Strega 2014, ha trattato. Un libro da consigliare per capire le generazioni non ancora passate, quella dei nostri genitori, e che, come nei due protagonisti, potrebbe donare motivi di riflessione del rapporto fra noi e loro, fra i padri e i figli, non in maniera banale e scontata, ma prendendo atto dei contesti storici che ci hanno caratterizzato e delle scelte che tali contesti ci hanno spinto a fare.

Musica in...lettere - Autori di Nativi Digitali Edizioni

Combinare musica e scrittura è una trovata già sperimentata da diversi autori, per ricordarne qualcuno cito l'ormai noto Norwgian wood di Murakami che riprende il successo dei Beatles, con risultati di impatto e spesso di grande successo. La giovane Nativi Digitali Edizioni, insieme agli altrettanto freschi scrittori, si cimentano in questa combinazione di musica e narrazione con un progetto simpatico, ma non per questo privo di spessore e innovazione. Musica in...lettere, disponibile gratuitamente dal link, è una raccolta di 9 racconti legati a 9 canzoni.  Passiamo dalla narrazione più riflessiva al fantasy, dal racconto di formazione allo spaccato di vita quotidiana, ed in parallelo ritroviamo similmente un'eterogenea playlist di canzoni che spaziano da You make me fell so young cantata da Sinatra a Emerald sword, colonna sonora di un videogame fantasy, da Branca day, canzone  dal gusto punk rock, a See you soon dei Coldplay. La particolarità di ogni racconto è che si riesce a leggere nel tempo in cui si ascolta la canzone ad esso associato. In una rosa di stili narrativi si ha modo di apprezzare ciascuna scrittura, ciascuna sensibilità e interiorità. L'adattabilità di ogni scrittore rende la raccolta godibile, ed insieme ad accostamenti a mio parere azzeccati, si ha modo di respirare fra un genere, e un linguaggio, ed un altro. Particolarmente toccanti ed intensi sono stati i primi due racconti, rispettivamente di Ilaria Pasqua e Mara Boselli, in cui si indaga il crescere e maturare dell'amore, scevro però da ogni caduta sentimentalista. Il primo immerso in una realtà onirica, il secondo colto nel momento del culmine, dello sbocciare completo, ripreso però dal principio, dalle prime difficoltà e i primi successi. Ma indimenticabile è stato il racconto di Alberto Lettieri, che scava nel rapporto di amicizia e tocca, con tinte nitide e allo stesso tempo drammatiche, il primo amore, descritto però non come forte sentimento adolescenziale, ma come scoperta e ossessione, fatale e definitiva, di un giovane inesperto.
Una raccolta che è stato  un regalo davvero gradito da parte di una casa editrice, e di giovani scrittori, che prospettano all'orizzonte delle gradite sorprese e che senz'altro sono da tenere d'occhio.

Non buttiamoci giù - Nick Hornby

Avevo scelto di leggere Non buttiamoci giù perché sentivo il bisogno di qualcosa di leggero e spensierato, per distrarmi, come è accaduto altre volte, fra una lettura impegnativa e l'altra. Nick Hornby, d'altra parte, premette tale divertimento. Il titolo stesso, che gioca sul significato simbolico del non abbattersi moralmente, e quello letterale del non gettarsi nel vuoto, prometteva tale divertimento. Per chi non fosse a conoscenza della trama del libro, o del film del 2014 ad esso ispirato, accenno che qui si parla di quattro individui dagli intendi suicidi che si incontrano casualmente l'ultimo dell'anno sul tetto di una casa, decisi nell'accomiatarsi permanentemente da questo mondo. Unanimemente però decidono di concedersi un'ultima possibilità.
Esordisco dicendo che non è stata la lettura che mi aspettavo. Piacevole e ben scritto, siamo chiari, ma non così leggero come lascia intendere. La vita dei quattro protagonisti è senza ombra di dubbio drammatica, e non vi nascondo che la scelta definitiva del suicidio, nei loro panni, l'ho trovata più che logica. Ma forse proprio questa difficoltà nel procedere con la vita normale, dopo aver deciso di andare avanti, insieme ad una scrittura vera e d'impatto, fanno venir meno quelle aspettative di divertimento facile.
Qualche sorriso verrà strappato, un po' per il maldestro tentativo dei protagonisti nel sottrarsi alle situazioni che opprimono le loro esistenze, e un po' per la scrittura stessa di Hornby, giocosa e che non vuole essere seriosa, ma il messaggio concreto che tale lettura lascia è profondo, senza cadere nel semplicistico. Un messaggio che comunica la difficoltà della vita, la frequente mancanza di forze per affrontarla, e come la facile soluzione, quella definitiva, non è così lontana, in quanto nessuno è immune dalla disperazione. Godiamo dunque della vita che abbiamo, dei momenti felici, piccoli, a volte apparentemente insignificanti, aggrappiamoci ad essi, perché sono l'ancora che ci tiene fermi a questo mondo.

L'uomo invisibile - H.G. Wells

"Perché scrivere un post su L'uomo invisibile?" Si chiederà chi,  casualmente o di proposito, si ritroverà su questa pagina. Mi è capitato, durante la lettura di questo racconto, di leggere in merito al personaggio dell'uomo invisibile e di trovare riferimenti al film del '33 e del suo poco riuscito remake L'uomo senza ombra del 2000 senza un minimo accenno al racconto da cui è stato tratto. Dunque è sorto il dubbio che le nuove generazioni ignorino l'esistenza di questo capolavoro, nonché capostipite della fantascienza moderna.
Il mio approccio con Wells è iniziato già tempo fa quando la curiosità mi ha spinto a procurarmi altri due classici, La macchina del tempo e L'isola del dott. Moreau, e scoprirne quindi il suo genio. L'idea che il suo lavoro rischi di passare inosservato o, ancor peggio, dimenticato, è stata la forza motivante per poter esprimere il mio parere in merito.
Wells costruisce magistralmente il suo personaggio, mettendo su tratti della  personalità ben precisi e delineati, coerenti per tutto il racconto, e la trama, per quanto lineare e semplice,  ci conduce ad un crescendo di angoscia e pathos, che troverà il culmine nel suo epilogo.
Perché dunque leggere l'uomo invisibile? Perché l'invisibilità del protagonista è un pretesto per evidenziare l'incapacità dell'uomo nell'accettare il diverso e l'incompreso, e risulta essere uno specchio, con ben più di un secolo di anticipo, dei nostri giorni.

Vita di Frida Kahlo - Hayden Herrera

In occasione dell'imminente mostra che avrà luogo alle Scuderie del Quirinale a Roma, mi è sembrato il momento giusto per parlare di Frida Kahlo, artista messicana e ancora una volta al femminile, la cui vita è stata il fulcro attorno a cui nascevano le sue opere, o, come la Herrera stessa dice "divenne il voyeur delle sue stesse emozioni".


Considerando il suo passato, già affetta da spina bifida, subì in seguito un incidente che le stravolse la vita, avrebbe avuto più di una giustificazione per sentirsi depressa e amareggiata, ma non fu così. L'"alegría", come lei la definiva, divenne una costante, nelle sue opere, nei rapporti con gli altri e in ogni sua impresa. Questo ottimismo, questa voglia di vivere a tutti i costi e nonostante tutto, sono stati ben illustrati nella biografia curata da Hayden Herrera. Non stiamo parlando di un romanzo, di una fiction ispirata da una vita singolare, ma di una documentato lavoro che Herrera ha svolto nel corso di diversi anni. Ritroviamo quindi brani di lettere di Diego Rivera, grande artista nonché marito di Frida, degli amici illustri e non, dei medici e della stessa Frida. Testimonianze che contribuiscono a comporre di Frida un ritratto autentico, così come lei stessa ci ha regalato molteplici ritratti di sé e della sua vita con le sue tele. Lo stile è documentaristico, ma non per questo noioso. Il temperamento stesso di Frida non richiedeva arricchimenti ulteriori alle vicende e allo stile, così come le vicende emotivamente coinvolgenti non avevano bisogno di essere ulteriormente appesantite. Un particolare più che apprezzabile in uno scritto su un artista è la considerazione e lo studio di molte sue opere. Immaginando il nostro solito, ipotetico lettore completamente a digiuno di arte, troverà i mezzi giusti per cominciare a conoscere, considerare e formulare una piccola critica sui lavori pittorici. Ogni opera è considerata in maniera attenta e oggettiva, senza lasciar spazio a interpretazioni personali. Per chi avrà la possibilità di visitare la mostra a Roma, o per chi ha semplicemente voglia di scoprire e conoscere un'artista singolare nel suo genere e nella vita, è una lettura più che raccomandata.

Artemisia - Alexandra Lapierre

A beneficio di quei pochi che sentissero per la prima volta il nome di Artemisia, riassumo dicendo che è stata una notevole artista del '600 che ha operato in molte località europee. Figlia d'arte, suo padre Orazio Gentileschi era una amico e rivale di Caravaggio a Roma, ne acquisisce i segreti e capacità, affinandole e ampliandole grazie al confronto con i tanti artisti operanti in Toscana, Veneto, Inghilterra, Spagna e Olanda.
In "Artemisia" di Alexandra Lapierre, si ripercorre la vita dell'artista dall'infanzia fino alla scomparsa del padre Orazio, momento in cui la carriera di Artemisia è all'apice del successo. Del rapporto mutevole, d'affetto prima e d'aspra rivalità poi, fra Orazio e Artemisia viene fornito ogni più piccolo dettaglio. Così come delle vicende che hanno portato allo stupro da parte di Agostino Tassi, da cui ne è seguito un processo vinto dalla Gentileschi. È proprio questo avvenimento, unico più che raro nel contesto seicentesco, a dare il via al successo dell'artista. Elemento apprezzabilissimo in un romanzo biografico, ritroviamo, man mano che la trama prosegue, i documenti che attestano la veridicità di quanto detto. Intorno alle vicende realmente avvenute, ritroviamo dunque la capacità della Lapierre di elaborare il carattere, insieme al temperamento esuberante, della protagonista, delle sue relazioni e dei vari personaggi, armonizzando anche, in base alla documentazione, il susseguirsi delle vicende. Procedendo con questo criterio le discrepanze storiche vengono ridotte al minimo, se non annullate.Un romanzo che mi ha dato la possibilità di fare tante piccole scoperte e approfondimenti che altrimenti non avrei mai appreso attraverso i classici manuali di storia dell'arte. Un esempio è stato scoprire la prima volta nella storia in cui è stata allestita una mostra personale, in questo caso dal coniuge dell'artista, o che grazie ad Artemisia si è data la possibilità alle donne di apprendere i rudimenti dell'arte, da qui il susseguirsi di corsi di pittura per giovani donne nobili, e l'esistenza di un'altra artista, architetto e scultrice, sua contemporanea operante a Roma, tale Plautilla Bricci, anch'essa figlia d'arte la cui carriera è stata agevolata presumibilmente dalla scia del successo di Artemisia. Trattandosi di una biografia ben fatta, e storicamente attendibile, non posso esimermi dal consigliarla. Un'ultima chicca, unica più che rara che vizia i più pigri, è il ritrovare stampate all'interno del romanzo diverse opere citate che altrimenti si sarebbero dovute ricercare diversamente.

Il talento di mr. Ripley - Patricia Highsmith

Il telento di mr. Ripley
Paticia Highsmith
Indugiavo sulla decisione di scrivere o meno una mio parere su Il talento di mr. Ripley della Highsmith in quanto non mi sembrava di poter aggiungere altro ai molteplici pareri che ha suscitato, soprattutto dopo la realizzazione del film ad esso ispirato. Ma l'impressione, positiva oltre ogni mia aspettativa, mi a ha spinto a esternare qualche pensiero. Come già dicevo ha ispirato un film che ha riscosso un certo successo, ma che personalmente ho trovato più debole rispetto al romanzo, sebbene ben interpretato. Non sono avvezzo alla lettura di gialli e noir, ma spero, senza presunzione,  di poterne riconoscere il valore quando me ne capita, e dal basso della mia competenza sono felice di aver scoperto solo ora il principio di una serie, quella dedicata  mr. Ripley appunto, che ha attirato completamente la mia attenzione e che sono ansioso di poter continuare. Questo primo capitolo presenta una trama ben architettata, che inganna il lettore presentando inizialmente un contesto pacato, placido, che scivola anche nel bucolico nei primi capitoli. La suspanse ha un'improvvisa impennata dopo il primo quarto, e da quel momento in poi si è intrappolati in una lettura di cui non si può più fare a meno. I colpi di scena sono ben equilibrati e organizzati tanto da mozzare il fiato al momento appropriato. Come ogni buon noir, la prosa è asciutta, non si perde in inutili descrizioni o introspezioni, anche se il profilo psicologico dei personaggi, il protagonista su tutti, viene ben delineato. Un romanzo che credo non abbia nessuna pretesa moralistica, ma che dona un interessante e alternativo punto di osservazione. Nell'atavica contrapposizione fra bene e male, in questo romanzo i confini fra i due vengono sfumati, si perdono nel dubbio che le azioni non siano completamente errate, e in tale contesto il vecchio adagio "il crimine non paga" viene meno.

La bellezza delle cose fragili - Tayie Selasi

Quando si parla di Tayie Selasi non posso fare a meno di pensare ad un'artista eclettica, versatile, che con i suoi lavori comunica sensazioni e realtà da un personale, e singolare, punto di vista. Ho notato nel web Tayie Selasi quando ancora non intuivo che avrebbe scritto un libro (e che libro!). Il suo sito come rappresentanza, e twitter come social network, sono le sue finestre per comunicare con il mondo. Non potevo rimanere insensibile a tanta sublime bellezza scaturita dagli scatti fotografici che catturano un momento della giornata o una cromia o un intimo sentimento. E da affezionato e modesto amatore non potevo restare indifferente difronte ad una nuova proposta, in questo caso letteraria, che Tayie Selasi  ci offre.

"Tutte le famiglie felici sono simili, ma ogni famiglia infelice è infelice a modo suo" è il noto incipit di Anna Karenina e posso serenamente affermare che si adatta bene al nucleo de La bellezza delle cose fragili, il cui titolo originale è Ghana must go, dal movimento di espulsione in atto nel 1983, ma che nella traduzione viene completamente modificato a causa dell'impossibilità nel rendere il gioco dei tempi verbali . L'ambientazione, ad un lettore superficiale, potrebbe lasciar intendere che si parlerà di tematiche legate al mondo africano, ma la cultura Ghanese, con le sue tradizioni, contaminazioni, superstizioni, è solo lo sfondo, e non la protagonista, del romanzo, e contribuisce, insieme alla prosa colta e originale della neo scrittrice, a caratterizzare l'intera opera. Il tema razzismo c'è, presente, inevitabile, malgrado la volontà individuale di vederlo finalmente finito, concluso, perché quando si parla di colori diversi (come se la varietà epidermica non fosse, come in realtà è, sinonimo di bellezza) il razzismo si impone come una malattia, una piaga putrescente che contagia i più ottusi, e che è il sassolino causa della valanga che si abbatte sulla famiglia Sai. La trama,  che parte dalla morte di uno dei componenti della famiglia in questione e che fa da perno attorno a cui si dipana la storia, è centellinata in piccoli frammenti che mano a mano rivelano il disegno nella sua interezza. I molteplici punti di vista, ben delineati e mai confusionari, sono tanti quanti sono i componenti della famiglia Sai, e ci svelano le intime personalità occultate da un'apparenza che inganna, il lettore e i protagonisti.
Un romanzo affascinante, rilfessivo, intimo e commovente, un inizio foriero di aspettative per noi lettori avidi di penne di talento, in aspettativa di un prossimo scritto da una scrittrice che ha ancora tanto da regalare.

A sud del confine, a ovest del sole - Murakami Haruki

murakami aruki  

Periodicamente, come già detto in passato, mi lascio travolgere dalle atmosfere irreali dal visionario Murakami. Per chi è un abituale lettore di questo autore, riscontrerà la ricorrenza di elementi surreali nei suoi racconti, ma nel caso di A sud del confine, a ovest del sole tali elementi sono assenti, in quanto classificabile come vero e proprio romanzo di formazione. Del protagonista, Hajime, si conosce l'evoluzione emotiva e mentale dai dodici anni fino ai trentasette con una costante fissa: l'amore incondizionato per la sua coetanea Shimamoto, con cui passa momenti indimenticabili durante l'infanzia e che ritrova da adulto.
Una trama che mi ha toccato sin dall'inizio e in cui in diversi tratti mi ci sono rivisto. La stereotipizzazione del figlio unico, in cui Hajime si ritrova, da parte di una cultura familiare che vuole più figli , è un'importante, e toccante, verità sociale che Murakami trattata senza eccessiva drammaticità, inquadrando perfettamente però gli aspetti che la riguardano: il sentirsi differenti dagli altri, la necessità di ritagliarsi dei momenti di solitudine legata alla tendenza a chiudersi in se stessi. Anche l'amore vissuto dal protagonista, una amore intenso che prende in età adulta una piega quasi morbosa da entrambe le parti, è lontano dall'essere un sentimento romantico e idilliaco. L'ossessione che Hajime prova per Shimamoto acquista toni negativi nel momento in cui si ritrova a dover decidere se continuare con la sua vita, moglie, figlie e lavoro, o abbandonare tutto per il suo amore, tutto ciò condito dal solito stile che vede dialoghi brevi, asciutti, che lasciano il pensiero in sospeso e una prosa ruvida, dolorosa eppur scorrevole. Un romanzo che racchiude una forza pari al precedente Norwegian wood senza però perdersi in particolari poco utili all'economia della trama, che tocca le corde dei sentimenti più profondi lasciando un segno indelebile.

Il trono di spade - George R. R. Martin

È un'avventura appena iniziata quella con Martin e Le cronache del ghiaccio e del fuoco, e come premessa è carica di tanta aspettativa. Non sono qui per riassumere la prima parte di una lunga e fortunata epopea, ma per esprimere semplicemente la mia opinione e, soprattutto, le mie sensazioni. Ciò che mi aspettavo, sarò sincero, era una storia fantasy da leggere con leggerezza, come intermezzo tra una lettura impegnata ed un'altra. Quanto era lontana la mia opinione dalla realtà! La trama si rivela subito complessa ed intrigante, senza scivolare nel banale. La prima parte, intitolata appunto Il trono di spade, che mi ha immediatamente incantato sin dal prologo, come a disporre delle pedine in una scacchiera, presenta le posizioni, decisioni e azioni dei personaggi lasciandoci intendere che una tempesta si sta addensando all'orizzonte. Il gioco ha inizio ne Il grande inverno, dove ogni componente gioca la sua mossa, vincente o perdente, e il carico di azione ed emozione è tanto. Le soluzioni e conseguenze delle azioni di molte situazioni non sono immediatamente svelate, ma rimandata al capitolo successivo, racchiuso ne A clash of king che include Il regno dei lupi e La regina dei draghi nell'edizione italiana. Una lettura che, per come è magistralmente strutturata, crea una sorta di dipendenza, confermata dal confronto con altri lettori, e che ci invoglia a schierarci con una delle famiglie in lotta per il trono. La sfida che Martin si è proposto è quella di riuscire a mantenere la giusta dose di emozione e suspense nel corso della trama senza incappare in incongruenze a cui saghe molto lunghe sono soggette. A giudicare del grande successo, corroborata dall'altrettanta fortunata serie tv americana firmata HBO, la sfida sembra vinta, ma considerando che i capitoli, inclusi quelli futuri non ancora pubblicati, sono sette, mi riservo il giudizio conclusivo a lettura inoltrata. Per il momento il mio giudizio è positivo.