A sud del confine, a ovest del sole - Murakami Haruki

murakami aruki  

Periodicamente, come già detto in passato, mi lascio travolgere dalle atmosfere irreali dal visionario Murakami. Per chi è un abituale lettore di questo autore, riscontrerà la ricorrenza di elementi surreali nei suoi racconti, ma nel caso di A sud del confine, a ovest del sole tali elementi sono assenti, in quanto classificabile come vero e proprio romanzo di formazione. Del protagonista, Hajime, si conosce l'evoluzione emotiva e mentale dai dodici anni fino ai trentasette con una costante fissa: l'amore incondizionato per la sua coetanea Shimamoto, con cui passa momenti indimenticabili durante l'infanzia e che ritrova da adulto.
Una trama che mi ha toccato sin dall'inizio e in cui in diversi tratti mi ci sono rivisto. La stereotipizzazione del figlio unico, in cui Hajime si ritrova, da parte di una cultura familiare che vuole più figli , è un'importante, e toccante, verità sociale che Murakami trattata senza eccessiva drammaticità, inquadrando perfettamente però gli aspetti che la riguardano: il sentirsi differenti dagli altri, la necessità di ritagliarsi dei momenti di solitudine legata alla tendenza a chiudersi in se stessi. Anche l'amore vissuto dal protagonista, una amore intenso che prende in età adulta una piega quasi morbosa da entrambe le parti, è lontano dall'essere un sentimento romantico e idilliaco. L'ossessione che Hajime prova per Shimamoto acquista toni negativi nel momento in cui si ritrova a dover decidere se continuare con la sua vita, moglie, figlie e lavoro, o abbandonare tutto per il suo amore, tutto ciò condito dal solito stile che vede dialoghi brevi, asciutti, che lasciano il pensiero in sospeso e una prosa ruvida, dolorosa eppur scorrevole. Un romanzo che racchiude una forza pari al precedente Norwegian wood senza però perdersi in particolari poco utili all'economia della trama, che tocca le corde dei sentimenti più profondi lasciando un segno indelebile.

Il trono di spade - George R. R. Martin

È un'avventura appena iniziata quella con Martin e Le cronache del ghiaccio e del fuoco, e come premessa è carica di tanta aspettativa. Non sono qui per riassumere la prima parte di una lunga e fortunata epopea, ma per esprimere semplicemente la mia opinione e, soprattutto, le mie sensazioni. Ciò che mi aspettavo, sarò sincero, era una storia fantasy da leggere con leggerezza, come intermezzo tra una lettura impegnata ed un'altra. Quanto era lontana la mia opinione dalla realtà! La trama si rivela subito complessa ed intrigante, senza scivolare nel banale. La prima parte, intitolata appunto Il trono di spade, che mi ha immediatamente incantato sin dal prologo, come a disporre delle pedine in una scacchiera, presenta le posizioni, decisioni e azioni dei personaggi lasciandoci intendere che una tempesta si sta addensando all'orizzonte. Il gioco ha inizio ne Il grande inverno, dove ogni componente gioca la sua mossa, vincente o perdente, e il carico di azione ed emozione è tanto. Le soluzioni e conseguenze delle azioni di molte situazioni non sono immediatamente svelate, ma rimandata al capitolo successivo, racchiuso ne A clash of king che include Il regno dei lupi e La regina dei draghi nell'edizione italiana. Una lettura che, per come è magistralmente strutturata, crea una sorta di dipendenza, confermata dal confronto con altri lettori, e che ci invoglia a schierarci con una delle famiglie in lotta per il trono. La sfida che Martin si è proposto è quella di riuscire a mantenere la giusta dose di emozione e suspense nel corso della trama senza incappare in incongruenze a cui saghe molto lunghe sono soggette. A giudicare del grande successo, corroborata dall'altrettanta fortunata serie tv americana firmata HBO, la sfida sembra vinta, ma considerando che i capitoli, inclusi quelli futuri non ancora pubblicati, sono sette, mi riservo il giudizio conclusivo a lettura inoltrata. Per il momento il mio giudizio è positivo.