Il talento di mr. Ripley - Patricia Highsmith

Il telento di mr. Ripley
Paticia Highsmith
Indugiavo sulla decisione di scrivere o meno una mio parere su Il talento di mr. Ripley della Highsmith in quanto non mi sembrava di poter aggiungere altro ai molteplici pareri che ha suscitato, soprattutto dopo la realizzazione del film ad esso ispirato. Ma l'impressione, positiva oltre ogni mia aspettativa, mi a ha spinto a esternare qualche pensiero. Come già dicevo ha ispirato un film che ha riscosso un certo successo, ma che personalmente ho trovato più debole rispetto al romanzo, sebbene ben interpretato. Non sono avvezzo alla lettura di gialli e noir, ma spero, senza presunzione,  di poterne riconoscere il valore quando me ne capita, e dal basso della mia competenza sono felice di aver scoperto solo ora il principio di una serie, quella dedicata  mr. Ripley appunto, che ha attirato completamente la mia attenzione e che sono ansioso di poter continuare. Questo primo capitolo presenta una trama ben architettata, che inganna il lettore presentando inizialmente un contesto pacato, placido, che scivola anche nel bucolico nei primi capitoli. La suspanse ha un'improvvisa impennata dopo il primo quarto, e da quel momento in poi si è intrappolati in una lettura di cui non si può più fare a meno. I colpi di scena sono ben equilibrati e organizzati tanto da mozzare il fiato al momento appropriato. Come ogni buon noir, la prosa è asciutta, non si perde in inutili descrizioni o introspezioni, anche se il profilo psicologico dei personaggi, il protagonista su tutti, viene ben delineato. Un romanzo che credo non abbia nessuna pretesa moralistica, ma che dona un interessante e alternativo punto di osservazione. Nell'atavica contrapposizione fra bene e male, in questo romanzo i confini fra i due vengono sfumati, si perdono nel dubbio che le azioni non siano completamente errate, e in tale contesto il vecchio adagio "il crimine non paga" viene meno.

La bellezza delle cose fragili - Tayie Selasi

Quando si parla di Tayie Selasi non posso fare a meno di pensare ad un'artista eclettica, versatile, che con i suoi lavori comunica sensazioni e realtà da un personale, e singolare, punto di vista. Ho notato nel web Tayie Selasi quando ancora non intuivo che avrebbe scritto un libro (e che libro!). Il suo sito come rappresentanza, e twitter come social network, sono le sue finestre per comunicare con il mondo. Non potevo rimanere insensibile a tanta sublime bellezza scaturita dagli scatti fotografici che catturano un momento della giornata o una cromia o un intimo sentimento. E da affezionato e modesto amatore non potevo restare indifferente difronte ad una nuova proposta, in questo caso letteraria, che Tayie Selasi  ci offre.

"Tutte le famiglie felici sono simili, ma ogni famiglia infelice è infelice a modo suo" è il noto incipit di Anna Karenina e posso serenamente affermare che si adatta bene al nucleo de La bellezza delle cose fragili, il cui titolo originale è Ghana must go, dal movimento di espulsione in atto nel 1983, ma che nella traduzione viene completamente modificato a causa dell'impossibilità nel rendere il gioco dei tempi verbali . L'ambientazione, ad un lettore superficiale, potrebbe lasciar intendere che si parlerà di tematiche legate al mondo africano, ma la cultura Ghanese, con le sue tradizioni, contaminazioni, superstizioni, è solo lo sfondo, e non la protagonista, del romanzo, e contribuisce, insieme alla prosa colta e originale della neo scrittrice, a caratterizzare l'intera opera. Il tema razzismo c'è, presente, inevitabile, malgrado la volontà individuale di vederlo finalmente finito, concluso, perché quando si parla di colori diversi (come se la varietà epidermica non fosse, come in realtà è, sinonimo di bellezza) il razzismo si impone come una malattia, una piaga putrescente che contagia i più ottusi, e che è il sassolino causa della valanga che si abbatte sulla famiglia Sai. La trama,  che parte dalla morte di uno dei componenti della famiglia in questione e che fa da perno attorno a cui si dipana la storia, è centellinata in piccoli frammenti che mano a mano rivelano il disegno nella sua interezza. I molteplici punti di vista, ben delineati e mai confusionari, sono tanti quanti sono i componenti della famiglia Sai, e ci svelano le intime personalità occultate da un'apparenza che inganna, il lettore e i protagonisti.
Un romanzo affascinante, rilfessivo, intimo e commovente, un inizio foriero di aspettative per noi lettori avidi di penne di talento, in aspettativa di un prossimo scritto da una scrittrice che ha ancora tanto da regalare.

A sud del confine, a ovest del sole - Murakami Haruki

murakami aruki  

Periodicamente, come già detto in passato, mi lascio travolgere dalle atmosfere irreali dal visionario Murakami. Per chi è un abituale lettore di questo autore, riscontrerà la ricorrenza di elementi surreali nei suoi racconti, ma nel caso di A sud del confine, a ovest del sole tali elementi sono assenti, in quanto classificabile come vero e proprio romanzo di formazione. Del protagonista, Hajime, si conosce l'evoluzione emotiva e mentale dai dodici anni fino ai trentasette con una costante fissa: l'amore incondizionato per la sua coetanea Shimamoto, con cui passa momenti indimenticabili durante l'infanzia e che ritrova da adulto.
Una trama che mi ha toccato sin dall'inizio e in cui in diversi tratti mi ci sono rivisto. La stereotipizzazione del figlio unico, in cui Hajime si ritrova, da parte di una cultura familiare che vuole più figli , è un'importante, e toccante, verità sociale che Murakami trattata senza eccessiva drammaticità, inquadrando perfettamente però gli aspetti che la riguardano: il sentirsi differenti dagli altri, la necessità di ritagliarsi dei momenti di solitudine legata alla tendenza a chiudersi in se stessi. Anche l'amore vissuto dal protagonista, una amore intenso che prende in età adulta una piega quasi morbosa da entrambe le parti, è lontano dall'essere un sentimento romantico e idilliaco. L'ossessione che Hajime prova per Shimamoto acquista toni negativi nel momento in cui si ritrova a dover decidere se continuare con la sua vita, moglie, figlie e lavoro, o abbandonare tutto per il suo amore, tutto ciò condito dal solito stile che vede dialoghi brevi, asciutti, che lasciano il pensiero in sospeso e una prosa ruvida, dolorosa eppur scorrevole. Un romanzo che racchiude una forza pari al precedente Norwegian wood senza però perdersi in particolari poco utili all'economia della trama, che tocca le corde dei sentimenti più profondi lasciando un segno indelebile.

Il trono di spade - George R. R. Martin

È un'avventura appena iniziata quella con Martin e Le cronache del ghiaccio e del fuoco, e come premessa è carica di tanta aspettativa. Non sono qui per riassumere la prima parte di una lunga e fortunata epopea, ma per esprimere semplicemente la mia opinione e, soprattutto, le mie sensazioni. Ciò che mi aspettavo, sarò sincero, era una storia fantasy da leggere con leggerezza, come intermezzo tra una lettura impegnata ed un'altra. Quanto era lontana la mia opinione dalla realtà! La trama si rivela subito complessa ed intrigante, senza scivolare nel banale. La prima parte, intitolata appunto Il trono di spade, che mi ha immediatamente incantato sin dal prologo, come a disporre delle pedine in una scacchiera, presenta le posizioni, decisioni e azioni dei personaggi lasciandoci intendere che una tempesta si sta addensando all'orizzonte. Il gioco ha inizio ne Il grande inverno, dove ogni componente gioca la sua mossa, vincente o perdente, e il carico di azione ed emozione è tanto. Le soluzioni e conseguenze delle azioni di molte situazioni non sono immediatamente svelate, ma rimandata al capitolo successivo, racchiuso ne A clash of king che include Il regno dei lupi e La regina dei draghi nell'edizione italiana. Una lettura che, per come è magistralmente strutturata, crea una sorta di dipendenza, confermata dal confronto con altri lettori, e che ci invoglia a schierarci con una delle famiglie in lotta per il trono. La sfida che Martin si è proposto è quella di riuscire a mantenere la giusta dose di emozione e suspense nel corso della trama senza incappare in incongruenze a cui saghe molto lunghe sono soggette. A giudicare del grande successo, corroborata dall'altrettanta fortunata serie tv americana firmata HBO, la sfida sembra vinta, ma considerando che i capitoli, inclusi quelli futuri non ancora pubblicati, sono sette, mi riservo il giudizio conclusivo a lettura inoltrata. Per il momento il mio giudizio è positivo.

"Il tempo è un bastardo" Jennifer Egan

"Il tempo è un bastardo"
Jennifer Egan
Edizioni Minimum fax
€ 18
La curiosità suscitata nei confronti di Jennifer Egan ha finalmente trovato modo di essere soddisfatta. I consigli di amici lettori, le lodi delle critiche e il lungo parlarne della stessa casa editrice, che come già detto in passato ha guadagnato la mia fiducia, non potevano lasciarmi indifferente. Il tempo è un bastardo è un titolo dietro cui avrebbe potuto nascondersi un romanzo drammatico e sofferto, ma per quanto di drammi consumati nella narrazione ce ne siano, la luce della speranza non si spegne.
L'idea dell'autrice di sviluppare la trama intorno a diversi personaggi, che col tempo il lettore ritrova, e che cambiano, crescono, maturano o regrediscono, fa pensare quasi più ad una raccolta di racconti che ad un romanzo, ma il filo conduttore, la musica quello più evidente e il tempo che scorre quello imperante, cuce le storie e le vite in un'unica narrazione.
La Egan ha dimostrato un'abile capacità di adattare il suo stile allo scorrere del tempo a cui si riferisce la storia. Una capacità che poche e rare volte sono riuscito ad incontrare, delle letture precedenti solo in Stoker con Dracula ho individuato tale capacità.
Una promessa della letteratura contemporanea? Un talento che ci regalerà preziosi gioielli letterari? Mi sembra presto per affermarlo. Le colate di entusiasmo le riservo quando la conoscenza della scrittrice mediante le sue opere sarà inoltrata. Le premesse per delle ottime letture ci sono tutte, il sucessivo Guardami, sucessivo nell'edizione italiana ma antecedente de Il tempo è un bastardo, sembra nascondere altre sorprese.


"Billy Budd il marinaio" Hermann Melville

"Billy Budd il marinaio"
Hermann Melville
Newton Compton Editori
Autore della più conosciuta opera Moby Dick, Hermann Melville ha spesso scritto racconti e romanzi che ruotano intorno all'ambiente marinaresco, ambiente a lui familiare in seguito alla sua esperienza su una nave commerciale. Il racconto in questione rientra in questa categoria.

La storia di Billy Budd non è tanto diversa da qualsiasi marinaio della flotta arruolato forzatamente dalla marina da guerra inglese. Il suo aspetto e la sia indole gli permettono di essere amato da tutti. Ma quando il seme dell'invidia e della gelosia mette radici nel cuore del maestro d'armi Claggart, le vicende prendono una piega drammatica. Merito dell'impeccabile vita di Billy, sarà ricordato dai suoi compagni come un eroe immacolato.

Diversamente dal suo romanzo più conosciuto, questo breve  e ultimo racconto, pubblicato postumo, è depurato da precisazioni scientifiche ormai inesatte nel nostro tempo e si sofferma sulle vicende del protagonista. Una breve storia che non va sottovalutata, e che invece conferma la grande capacità letteraria e comunicativa di Melville. Oltre al puro piacere narrativo, la lettura di questo piccolo romanzo dona la possibilità di affacciarsi in un ambiente, caratterizzato anche dal periodo storico, assai singolare e di mettere a parte di realtà che diversamente non sarebbero emerse.
Lo stile di Melville è all'altezza dei grandi classici: descrizioni curate con dovizia senza eccedere nel minuzioso, caratterizzazione completa e viva dei personaggi, contesto storico ben inquadrato, inserito a ragione nella rosa dei romanzi storici.
Ultima e degna conclusione della carriera di uno scrittore che, sebbene in ritardo, giustifica la reputazione di grande romanziere.

"Le uova fatali" Michail Afanas'evič Bulgakov

"Le uova fatali"
Michail Afanas'evič Bulgakov
Newton Compton edizioni
Dopo Il maestro e margherita e Cuore di cane ritorna su Sensazioni il visionario Bulgakov. Sempre affezionato alle ambientazioni surreali, questa volta l'autore esplora il mondo della fantascienza.

Il professor Pérsikov è un placido professore universitario. Accidentalmente scopre che ad una determinata lunghezza d'onda, la luce artificiale permette una crescita accelerata delle cellule animali. La notizia di tale scoperta fa il giro del mondo, e quando un'importante allevamento di polli è decimato da un'epidemia, la scoperta del professore è chiamata in causa. Ma cosa succederebbe se per un errore di consegna la destinazione delle uova di rettile, destinate all'università, e quelle di gallina, destinate appunto all'allevamento, venisse scambiata?

Anche in questo racconto Bulgakov, con toni leggeri e spensierati, narra una storia surreale come pretesto per denunciare la realtà del suo Paese. Lontano dallo stile oscuro e cupo dei romanzi tipici della fantascienza classica, Bulgakov, per mezzo di trovate grottesche e a volte comiche, intesse una narrazione godibile, divertente, ma che si fa carico di importanti insegnamenti. Una dimostrazione di come un'attenta riflessione e osservazione possano sviluppare una lungimiranza nei comportamenti sociali. «La scienza può diventare un'arma, se guidata da una società arretrata dal punto di vista civile ed etico» ci dice Bulgakov, e la storia dell'uomo ha dimostrato la veridicità di questo pensiero.

"Sotto un sole nero" Ivano Mingotti

ivano mingotti
"Sotto un sole nero"
Ivano Mingotti
DEd'A Edizioni
€ 14,00
Devo ringraziare l'autore Ivano Mingotti per avermi inviato il testo a titolo gratuito e dato quindi la possibilità di conoscere il suo lavoro e la sua persona.
È sempre un piacere conoscere giovani autori del nostro paese che emergono dal torbido ambiente culturale in cui riversiamo. Una dimostrazione che  scrittori connazionalipossono essere capaci di avventurarsi in generi poco utilizzati, quali la fantascienza.

In una realtà distopica alternativa, il regime totalitario del Ductor, con il pretesto di proteggere il genere umano da catastrofi ambientali, impone ferrei stili di vita e rigide regole sotto un sole nero. Un mondo privo di luce, umanità, sentimenti, libero pensiero. Nove vite di diversa posizione sociale, età e sesso sono i testimoni della soffocante esistenza sotto una dittatura opprimente che vede il tramonto del suo potere in un'inaspettata invasione.

Come già Orwell in 1984, Bradbury in Farenheit 451 e Dick ne La svastica sul sole, a cui probabilmente Mingotti si ispiri, in Sotto un sole nero ritroviamo l'esistenza racchiusa in una realtà cattiva, matrigna, distopica, se vogliamo riutilizzare il termine appropriato. E come nel caso delle tre opere sopra citate, questo romanzo viene presentato in un momento di forte tensione per il paese e per il mondo intero. Il racconto si fa carico di presentarci i problemi, osservati da diversi punti di vista, legati a tale realtà e riesce, nell'insieme, a trasmetterci la giusta portata dell'angoscia vissuta. Utilizzando come espediente il discorso diretto, con una prosa personale, veniamo coinvolti nelle vite asfittiche dei nove narratori.
Da lettore appassionato, lontano dal ruolo di critico letterario, vorrei però isolare quelli che personalmente credo siano i due principali punti critici dell'opera. La scelta di alcuni vocaboli abbassa un po' il livello linguistico del racconto, un esempio è l'uso poco musicale della parola "strilli" invece di "urla". Nel voler utilizzare il discorso diretto, presentando i pensieri dei protagonisti come un flusso di coscienza, è essenziale diversificare lo stile linguistico, per permette non solo l'identificazione del personaggio, ma anche di isolarli e memorizzarli. Purtroppo questa varietà non è così evidente nel romanzo, dando l'impressione che sia sempre il medesimo personaggio a comunicare.
Nel complesso è un'opera che ha il suo peso per il momento che stiamo attraversando e che, come tutte i buoni racconti di fantascienza, ci fornisce diversi spunti di riflessione.

"Il corpo umano" Paolo Giordano

"Il corpo umano"
Paolo Giordano
Mondadori edizioni
€ 19,00
Il tanto contestato Paolo Giordano ci riprova. Con La solitudine dei numeri primi, vincitore del premio Strega nel 2008 e di molti altri premi, si è fatto conoscere quale scrittore, non riuscendo, però, a guadagnare il consenso generale del pubblico di lettori, che non ha apprezzato pienamente il romanzo. Personalmente, per quanto abbia trovato la trama debole e scontata, non lo giudico così negativamente. Con Il corpo umano ho voluto dare a Giordano un'altra possibilità. E mi sento di dire che non è stato tempo perso.

La trama si sviluppa intorno ad un plotone in missione di pace di un avamposto in Afghanistan. Le vicende personali dei militari mescolate e alterate dalla vita militare lontana da casa sono esaminate una per volta, con maggior attenzione a quelle del maresciallo Antonio René, gigolò a tempo perso, e del tenente medico Alessandro Egitto, il cui drammatico passato familiare ha influito, e continua ad influire, sulle sue scelte e sulla carriera militare.

Ammetto di essere stato in passato, a torto o a ragione, troppo critico con gli autori italiani del nostro tempo. Partire prevenuti su un libro, positivamente o negativamente, è sempre indice di chiusura mentale. E così capita che romanzi mediocri vengano definiti "grande letteratura contemporanea" solo in virtù della popolarità dell'autore, e qui mi riferisco a libri di cui ho avuto già modo di parlare in passato e che si sono rivelati delle vere e proprie delusioni, e libri che meritano la nostra attenzione, se non altro per la realtà che ci presentano, vengano snobbati perché l'opera antecedente non ha raggiunto le aspettative. È il caso de Il corpo umano. Lontano dall'essere la summa delle opere letterarie italiane contemporanee, assolve ad ogni modo lo scopo per cui è stato scritto. L'obiettivo è quello appunto di rappresentare una realtà, quella dei corpi di pace italiani in Afghanistan. Le storie dei vari personaggi sono presentate in modo lineare, semplice, con il giusto grado di introspezione. È anche vero che qualche cliché tipico dell'ambiente militare lo si poteva risparmiare, se non altro per evitare di banalizzare certi avvenimenti, ma le tinte generale di un simile ambiente sono state date.
Il paragone con La solitudine dei numeri primi è d'obbligo. Avendo parzialmente deluso le aspettative, capire se nel tempo c'è stata una crescita è quasi la ragione che spinge a leggere Il corpo umano. Personalmente ho trovato un Giordano più maturo, con la volontà di distinguersi, di caratterizzarsi, come spesso mi ritrovo a dire. La prosa non ha raggiunto i livelli che ci si aspetterebbe da un romanzo di alta letteratura, ma risulta godibile in ogni caso. In coscienza mi sento di consigliarlo perché ci insegna, se non una morale, almeno un aspetto della nostra storia su cui spesso non ci soffermiamo abbastanza.

"Kafka sulla spiaggia" Murakami Haruki

murakami haruki
"Kafka sulla spiaggia"
Murakami Haruki
Einaudi edizioni
€ 15,00
Fra i tanti obiettivi posti quest'anno, avevo già accennato alla voglia di rileggere alcuni capolavori in occasione de "Lo hobbit", c'è quello di voler approfondire la conoscenza delle opere di Haruki Murakami. Il germoglio della mia passione per gli autori giapponesi è nato proprio con Murakami, e spinto dalle tante opinioni positive e dalla grande capacità dell'autore di usare la fantasia come mezzo per manipolare la realtà dei suoi romanzi, ho preso questa decisione. Il primo libro, di quella che sarà una lunga serie per quest'anno, è appunto Kafka sulla spiaggia.


Tamura Kafka è un quindicenne che ama leggere e la cui vita è segnata da una profezia. Sua madre è andata via quando Kafka aveva solo quattro anni, portando via sua figlia. Anche Kafka decide di fuggire di casa. Raggiunge la città di Takamatsu dove conosce Ōshima, giovane bibliotecario, e la signora Saeki, cordinatrice della biblioteca. 
Parallela alle vicende di Kafka c'è la vita di Nakata, un anziano signore la cui vita è stata segnata da un evento singolare nella sua infanzia e dotato della capacità di comunicare con i gatti. L'incontro con un misterioso signore segnerà una svolta decisiva nella sua vita. Le tre vite, quella di Kafka, della signora Saeki e di Nakata, sono destinate ad incontrarsi.


Murakami in questo romanzo denso di significati e citazioni letterarie, ci offre una trama fitta, ricca di avvenimenti e di riflessioni. Ad iniziare dal nome del protagonista principale, Kafka, che, oltre a rimandare al Franz Kafka di cui Murakami riprende le atmosfere del realismo magico, gioca sul significato del nome in ceco, scritto kavka, che significa cornacchia,  collegandolo al ragazzo di nome Corvo, amico immaginario del giovane quindicenne. Altra citazione non meno degna è la rivisitazione, presa in prestito dal classicismo, del racconto di Edipo, proponendolo in chiave rivisitata e moderna. Le vicende viaggiano sul confine tra realtà e sogno non rientrando in nessuna delle due. Sta al lettore scegliere in cosa credere e quali lezioni o morali trarre. Murakami ancora una volta unisce due culture a cui lui stesso è legato. Se sotto certi aspetti veniamo immersi nelle ambientazioni, nelle abitudini e nella forma mentis legate al retaggio dell'autore, sotto altri non mancano, oltre alle citazioni già fatte di autori e miti occidentali, richiami a gusti dal sapore europeo, tanto cari a Murakami e maturati nei soggiorni in Europa e negli Usa. La prosa è incantevole, delicata e richiede, in certi passaggi, una maggiore attenzione, non risultando per questo noiosa o difficile. Unica perplessità nutrita nell'intero romanzo è l'indugiare, forse inutilmente, sulle scene di sesso. Un libro da leggere perché ci apre una finestra su un mondo, o dei mondi, che ci insegnano a vivere, riflettere e a porre un po' più fiducia nella fantasia. 

"Il gattopardo" Giuseppe Tomasi di Lampedusa

"Il gattopardo"
Giuseppe Tomasi di Lampedusa
Universale Economica Feltrinelli
Edizioni
€ 6,20
Capisco che molti dei lettori avranno avuto modo di leggerlo tempo fa, in remote epoche scolastiche, oppure ci sono coloro che, ancora ridenti studenti, ne tentano il primo approccio. Io non ho avuto la fortunata opportunità di avere professori che me l'hanno consigliato (i miei professori non mi hanno mai dato uno straccio di consiglio letterario, ma lasciamo perdere) e dunque mi sono ridotto a leggerlo alla soglia dei 34 anni. Vincitore del premio Strega nel '59, era il tredicesimo anno dalla nascita di questo riconoscimento, "Il Gattopardo", unico scritto di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, scomparso due anni prima della pubblicazione, è un classico della letteratura italiana, sebbene di relativa giovane nascita. Ad incrementare ulteriormente la fama , già a livello mondiale in seguito alla traduzione in molte lingue, è stata la trasposizione cinematografica, da cui è stata tratta la copertina di questa edizione, già capolavoro della cinematografia mondiale, diretta da Luchino Visconti e il cui cast stellare comprende Burt Lancaster, Claudia Cardinale e Alain Delon. Il film meriterebbe un articolo a parte, ma parliamo ora del libro.

Un momento storico decisivo per l'Italia. È il tramonto della dinastia borbonica e il principio della nascita dell'Italia unificata. Il principe Fabrizio Salina vive il cambiamento, dalla sua Sicilia, molto da vicino. Il declino della nobiltà inizia con il fidanzamento del nipote Tancredi con la bellissima, ma provinciale e di umili origini, Angelica.

Tomasi di Lampedusa ha sapientemente tracciato i contorni di una trasformazione, della Sicilia e di riflesso di tutta la nazione, che segna un capitolo importante della nostra storia. Il ritratto della Sicilia è vero, tangibile sia nei tratti paesaggistici che nel delineare le personalità, la gente, i siciliani. Un romanzo storico, ma non solo. La prosa del Tomasi è profonda ed esemplare. Il ricco linguaggio è un'evidente conseguenza delle sue abitudini letterarie intense, assecondate da una personalità chiusa, taciturna e solitaria. Un classico che ha ragione nell'essere definito tale. Una lettura che va affrontata non solo per avere un quadro storico italiano più dettagliato, ma anche per imparare a riconoscere e distinguere in vero scrittore da un presunto scribacchino. Differenza che negli ultimi anni non sempre è stata notata. Ricordiamoci che la fama non fa lo scrittore. Mi fermo qui, perché aggiungere altro non farebbe che screditare l'opera. Buona lettura

"Io sono febbraio" Shane Jones

"Io sono febbraio"
Shane Jones
Isbn edizioni
€ 13,00
Io sono febbraio è un'opera che difficilmente può essere riassunta e ancor più difficilmente trattata. La particolarità risiede non nella trama, ma nel modo in cui essa viene narrata. Shane Jones in questo racconto che non posso limitarmi a definire semplicemente favola, sposa meravigliosamente l'elemento poetico, favolistico e onirico come non mi è mai successo di incontrare.


In una città imprecisata avviene qualcosa di insolito: l'inverno si protrae ben oltre i mesi stabiliti. Un misterioso individuo chiamato Febbraio sembra esserne la causa. Gli abitanti vivono con profonda angoscia la situazione, tanto più a causa dell'impossibilità di poter volare con qualsiasi mezzo, divieto che si estende a tutte le creature alate. Thaddeus Lowe è determianto a non subire passivamente il forte disagio e decide di intervenire.

Quanto di allegorico c'è in questo racconto non so dirvi, nella simbologia dell' Inverno che non voleva mai finire, questo è il sottotitolo del libro, possiamo leggere tanti significati. Ma la lezione che trasmette, quello di non arrendersi mai, neanche difronte alle avversità più insormontabili, è ben evidente. Uno stile che risulta un connubio particolare fra racconto visionario e narrazione poetica che richiede una lettura attenta, in misura maggiore in quanto il racconto non presegue in modo lineare, poiché gli elementi che ci indicano i diversi passaggi temporali, dal passato al presente, sono appena accennati. Come in un sogno, dove avvenimenti sconnessi sono uniti nell'intreccio di un'improbabile trama, la storia di cui stiamo parlando è raccontata a tratti, spesso  dal punto di vista di soggetti diversi, lasciando solo intravedere l'insieme narrativo. L'effetto finale è quello di un trasporto su un livello diverso di realtà. A coinvolgere maggiormente, in una sorta di sinestesia dei sensi, sono sia i nomi dei personaggi, un esempio è "la ragazza che sapeva di miele e di fumo", che la scelta di rimpicciolire e ingrandire i caratteri adeguandoli al tono di voce usato.
Un libro che va letto più volte per catturare i molteplici elementi che la compongono e che richiede un'impegno particolare per riuscire ad apprezzarlo. 

"Vita di Pi" Yann Martel

yann martel
"Vita di Pi"
Yann Martel
Edizioni Piemme Bestseller
€ 10,50
Ennesimo libro da cui è stato tratto un film. Personalmente, però, il libro lo conoscevo già da diverso tempo e la sua trasposizione cinematogrfica è stata solo il pretesto per leggerlo quanto prima, o almeno prima di poter vedere il film. Mi aspettavo parti noiose e punti morti, per quanto in generale la trama abbia suscitato molte curiosità, e invece Yanna Martel, con mio grande sollievo, costruisce una storia che attira magneticamente, impedendo anche ad un debole desiderio di abbandono di affiorare.

La vita a Pondicherry del giovane Piscine Molitor Patel, che si fa chiamare Pi (come il π) per non essere oggetto di scherno, è diversa da quelle dei giovani della sua età. Suo padre è proprietario dell'unico giardino zoologico dell'isolae, dunque Pi vive in uno zoo. Il contatto con le diverse specie di animali è di ordinaria amministrazione, ma non per questo Pi darà per scontato la merviglia che essi suscitano e la conoscenza delle abitudini comportamentali delle bestie. Ma le circostanze sfavorevoli impongono un trasferimento in Canada, sia per la famiglia Patel che per diverse creature dello zoo. E come se non bastasse il mercantile su cui sono imbarcati affonda. Da qui inizia l'avventura di Pi e Richard Parker, un esemplare adulto di tigre del Bengala, entrambi naufraghi sulla medesima scialuppa.

Leggendo la trama si potrebbe essere indotti a pensare che Vita di Pi sia una favola moderna ricca di elementi fantastici. Niente di più errato. La dinamiche logiche sono così ben costruite da far credere che la storia non sarebbe potuta andare diversamente. Le scelte di Pi, i suoi comportamenti e i suoi percorsi mentali sono così reali e così intelligentemente illustrate da risultare convincenti e ricreare nel lettore gli stessi stati d'animo. Un romanzo introspettivo che scava nella mente umana così da mettere in luce le sensazioni e le emozioni primordiali che emergono solo in casi estremi. La storia utilizzata come metafora della lotta fra la paura e la volontà di vivere è un sapiente mezzo di comunicazione che raggiunge il suo scopo. Martel, con un linguaggio semplice e un prosa scorrevole, crea un contrasto fra i toni tenui e limpidi del suo scrivere e il dramma, con le sue sensazioni forti, del naufragio e della sopravvivenza. Un racconto che ci mette di fronte a noi stessi e ci chiede di fare una scelta. La nostra scelta finale ci dirà se siamo positivi e sognatori o realisti e negativi. Un libro che, insieme a poche altre letture, contribuisce a modificare la nostra visione della vita ed a capire che il nostro piccolo mondo, fatto di  abitudini, scelte e princìpi, può essere capovolto in qualsiasi momento e che è proprio quella circostanza a dimostrare quanto valiamo.

"La fabbrica di cioccolato" Roald Dahl

roald dahl
"La fabbrica di cioccolato"
Roald Dahl
Salani editore collana Gl'istrici
€ 8,50
Dobbiamo a Gene Wilder e in seguito a Johnny Depp, ed ai rispettivi registi Mel Stuart e Tim Burton, se Willy Wonka e la sua fabbrica di cioccolato, frutto della mente di Roald Dahl, sono conosciuti in tutto il mondo. Due trasposizioni cinematografiche riuscite e di meritato successo. Una favola originale, adatta per i bambini dai 3 ai 10 anni, ma gradevole anche per noi "bambini" un po' più grandi.

Ad un offervatore distratto Charlie Bucket potrebbe sembrare un bambino davvero sfortunato: la sua famiglia è molto povera, vive in una casa molto piccola e insieme ai suoi genitori vivono quattro anziani nonni in un unico letto da cui, per la mancanza di forze, non hanno mai la possobilità di alzarsi. Ma Charlie è un ragazzo fortunato. È circondato da tanto affetto e non mancano mai, ogni sera, le storie avventurose di nonno Joe. Nella sua stessa città c'è un'incredibile fabbrica di cioccolato, da dove non entra e non esce nessuno, e che produce i più strardinari e bizzarri dolci che si possano immaginare. Willy Wonka, il proprietario, imbandendo un concorso, decide di far entrare cinque bambini, con i rispettivi genitori, nella sua fabbrica. Charlie ed altri quattro ragazzi hanno questa possibilità, ma la visita si rivela più di un semplice tour esplorativo. Sembra che la fabbrica faccia emergere i lati, positivi e negativi, della personalità dei visitatori.

Gradevole e istruttiva. La storia di Charlie e della sua avventura nella fabbrica di cioccolato dell'originale Wonka è ancora attuale. La morale generale è valida ancor più oggi di quanto lo sia stato al momento della prima pubblicazione. La terminologia, la trama e lo stile stesso sono orientati ad un pubblico giovanissimo, per cui le trasposizioni cinematografiche, e in particolar modo quella del 2005 diretta da Tim Burton, per quanto fedeli alla trama, la arricchiscono di maggiori particolari rispetto al libro, risultando così più interessante per un pubblico adulto, ma le lezioni impartite da Dahl sono più incisive nell'opera scritta. Per cui, anche se la versione cinematografica regala qualche emozione in più, è il racconto che diventa educativo, mettendo in secondo piano l'elemento fantastico. Per chi ha voglia di tornare bambino, o per chi ha un figlio a cui leggere un racconto che va oltre il puro divertimento, la storia della Fabbrica di cioccolato è senz'altro consigliata.

"Stoner" John Williams

"Stoner"
John Williams
Fazi Editore
€ 17,50
"... La verità è che si possono scrivere dei pessimi romanzi su delle vite emozionanti e che la vita più silenzionsa, se esaminata con affetto, compassione e grande cura, può fruttare una straordinaria messe letteraria, è il caso che abbiamo davanti" Questo è un estratto della postfazione di Peter Cameron a Stoner , e non avrei trovato espressione più appropriata per esrpimere la mia opinione non solo su questo romanzo, ma anche sulla miriade di romanzi che, dietro una trama avvincente e fantasiosa, in realtà celano scrittori mediocri. Come si è capito non è il caso di John Williams. Dimenticato per diversi decenni, l'ultima edizione è datata 1965, nel 2006 il New York Review Books lo ripubblica e arriva in Italia, girazie alla Fazi editore, esattamente un anno fa, nel febbraio 2012.

William Stoner è di modeste origini. Unico figlio di una coppia di contadini, è cresciuto in un ambiente che lascia poco spazio a gesti affettuosi e momenti di familiare intimità. Inizia la carriera universitaria alla facotà di agraria, ma l'abbandona per seguire un'inaspettata passione letteraria. Si laurea, diventa professore universitario, e nel frattempo si sposa e ha un bambina. Il matrimonio è un fallimento sin da principio, ma lo porta avanti con indolenza e pigrizia. La professione non gli offre nessuna possibilità di carriera, ma si fa trasportare dalla passione per ciò che fa. Una vita mediocre che non lascia nessun ricordo rimarchevole e che finisce nel silenzio e nell'apatia, così come è iniziata.

Ci sono casi in cui la trama della quarta di copertina di un libro può dare un'impressione fuorviante. Leggere di una vita mediocre può non sembrare interessante, sebbene Moravia ci abbia dimostrato il contrario, ma, come già detto nell'incipit di questo post, la prosa di Williams, viva, incisiva, reale, attira il lettore, coinvolge, fino a farlo emozionare e soffrire.  La realtà di Stoner, amara e indolente, risalta come un forte contrasto di un audace accostamento di colori. Si soffre con Stoner, si ama con Stoner, si vive con Stoner. Il trasporto emotivo parte sin dalle prime battute, e l'eleganza della scrittura, priva di snobbismo, rimane fino al termine. I personaggi, dal più marginale allo stesso Stoner, sono accuratamente ritratti, delineati, e si matura un'opinione di ciascuno di essi, spesso in contrasto con l'opinione che se ne fa il protagonista. Un esempio di scrittura che raggiunge livelli molto alti e che personalmente ho equiparato, benché con stili diversi, ad Hemingway, Salinger e McCarthy. Gli anni di dimenticanza devono essere riscattati includendo Stoner fra la più alta letteratura del secolo scorso. Che la consigli come lettura penso si sia ormai capito, e se ancora non è emerso dalle poche parole che son riuscito a spendere, è decisamente uno dei libri più belli che abbia mai letto.

"Battle royale" Takami Koushun

"Battle royale"
Takami Koushun
Piccola biblioteca
Oscar Mondadori edizioni
€ 12,00
Ammetto che se non si fosse posta tanta attenzione per questo libro in seguito al presunto plagio (presunto perché non gli ho ancora letti) da parte di Suzanne Collins e della sua trilogia, di cui Hunger games è il primo capitolo, forse non avrei scoperto l'esistenza di questo romanzo. Misteriosamente la trilogia della Collins non ha sollevato il più leggero lembo della mia insaziabile curiosità letteraria, mentre Battle royale, sarà per il fascino magnetico della letteratura nipponica o per la curiosità di scoprire le ragioni del presunto plagio, ha attirato la mia attenzione. Devo ammettere però che anche la trama di Koushun Takami non eccelle in originalità. L'idea di un gioco mortale con la graduale morte dei partecipanti era già stata partorita sin dagli anni cinquanta, e anche nel cinema è stata sfruttata ampiamente (ricordiamo per esempio L'implacabile, con uno Schwarzenegger all'apice della sua carriera). Dopo questa breve anticipazione della trama, possiamo parlare del libro.

Il Giappone, in questo presente alternativo, è la Repubblica della Grande Asia dell'Est. Un governo totalitario, chiuso e spietato. Ogni hanno una classe di terza media viene sorteggiata per il Battle royale, una gara che avviene su un'isola in cui il vincitore è colui che sopravvive sterminando i suoi compagni. Tocca questa volta alla terza B della  scuola di Shiroiwa, formata da 42 studenti. Convinti di partire per una gita scolastica, si ritroveranno invece coinvolti nel gara mortale.

Al di là della scorrevolezza e dalle molteplici scene gore (prendo in prestito un termine cinematografico), non trasmette null'altro. La trama è alternata da momenti in cui il racconto scorre a momenti invece in cui la trama sembra ristagnare e dove le azioni dei ragazzi diventano prevedibili. La sequenza di omicidi, troppe per riuscire a tenere alta l'attenzione, si riduce ad un'arida lista di morti improbabili e reazioni inverosimili, tanto da risultare quasi irritante. La prosa di Koushun è elementare, nell'accezione negativa del termine, in contrasto con il target a cui si orienta il racconto. Un'idea che, svilupppata sapientemente, poteva offrire spunti di riflessione, la situazione stessa di un Giappone alternativo in cui la libertà di parola e di pensiero è punibile con la morte ne è una, idea che rimane semplicemente abbozzata. Dei personaggi, per quanto di ognuno si approfondisca il passato, non viene tracciato alcun profilo psicologico. Si ha l'impressione, salvo poche eccezioni, di avere 42 ragazzi caratterialemte identici fra loro, con le medesime reazioni e medesimi timori. Il finale, prevedibile come molte scene, sancisce la definitiva delusione. Per quanto venga classificato come lettura per adolescenti, non mi sentirei in pace con la coscienza nel consigliarlo. Violenza gratuita, linguaggio elementare, carenza di stile non cono caratteristiche degne di una lettura, che sia per giovani o per adulti.

"Il bambino con il pigiama a righe" John Boyne

john boyne
"Il bambino con il pigiama a righe"
John Boyne
BURextra Edizioni
€ 10,90
Come già l'anno scorso, in questo periodo, all'approssimarsi del giorno della memoria, mi dedico a letture che prendano in esame il tema dell'olocausto, perché mi sembra giusto e doveroso ricordare ciò che non deve essere ripetuto. "La solita storia" potrebbe rispondere qualcuno, ma la facilità con cui l'umanità tende a dimenticare il passato, e gli ultimi anni in Italia ne sono stati una conferma, mi fa pensare che se non dovessimo ritornare sull'argomento rischieremmo di rivedere gli orrori che ancora oggi, a dispetto della volontà di sensibilizzazione delle coscienze, vediamo perpetrarsi. Il bambino con il pigiama a righe di John Boyne, che con immensa delusione ho visto svalutato da lettori superficiali e di scarsa memoria (quella storica, ovvio!!!) è un racconto che parla a tutti, bambini e adulti.

Bruno ha nove anni. Vive felice nella sua enorme casa di Berlino, ha degli amici, una sorella più grande che lo provoca, una mamma dolcissima e un padre di cui ignora la professione. Ne verrà a conoscenza il giorno in cui si trasferirà ad Auscit, in una casa un po' triste e trascurata, dalla cui camera personale Bruno ha la possibilità di vedere una curiosa comunità di gente abbigliata con dei piagiama a righe. Non può avere nessun contatto con loro, in quanto un reticolo li separa dall'abitazione, ma un giorno, attraverso la stessa barriera, avrà modo di conoscere Shmuel, suo coetaneo, e la sua triste storia.

Come tutte le storie che riguardano l'olocausto, è una triste storia. L'avere come protagonista un bambino, e dalla cui ottica riviviamo l'orrore, accentua la drammaticità degli avvenimenti. In questo racconto, magistralemente scritto, il linguaggio che Boyne decide di adottare è quello semplice dei bambini, con i termini mal compresi, Auschwitz diventa Auscit, il Fuhrer diventa il Furio e così via, con i piccoli problemi quotidiani, a cui però si aggiungono gli orribili avvenimenti nel campo di concentramento. L'ottica infantile di un bambino non comprende l'atrocità che avviene sotto i suoi occhi, come anche non comprende la differenza fra lui e i detenuti del campo. Mettere al centro dell'attenzione i pensieri acerbi di un novenne ha permesso a Boyne di focalizzare l'innaturale odio razziale che lo separa dal suo migliore amico, e come nella natura primordiale degli esseri umani le differenze, di qualsiasi genere, fra uomini non è nemmeno contemplata. Un romanzo che ci insegna come il male procura altro male, soprattutto a coloro che ne sono i promotori. Non solo una lettura consigliata, ma direi doverosa, per non dimenticare le vittime di tutti gli olocausti, conosciuti o meno, avvenuti nel mondo.

"Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve" Jonas Jonasson

jonas jonasson
"Il centenario che saltò
dalla finestra e scomparve"
Jonas Jonasson
Bompiani Editore
€ 17,90
Un centenario, un ladro professionista, una donna dai capelli rossi, un gestore di un chiostro con una vasta cultura, un capo di giovani criminali, un pastore tedesco ed un elefante (sì sì, un elefante). Questi sono i personaggi che formano un'insolita banda di fuggiaschi. Un titolo ed una copertina che preparano ad un romanzo divertente ed umoristico. In effetti di humor ce n'è tanto, ma con mia grande sorpresa non è l'unica componente de Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve. Jonas Jonasson, usando un espediente non nuovo, quello della comicità, ma di sicuro successo, mette insieme una storia conivolgente per niente fine a se stessa.

Allan Karlsson compie cento anni. La casa di riposo presso cui è ricoverato organizza una festa per l'occasione. Ma i piani di Allan sono altri. Armato di bastone e pantofole scappa di nascosto dalla finestra per recarsi alla stazione degli autobus. Da qui l'inizio di un' avventura ricca di equivoci e coincidenze spassose. Allan non rimane solo nella sua fuga, ma si aggiungono altri insoliti ed egualmente simpatici amici. Oltre alle vicende dell'allegra brigata, si verrà a parte del passato, ricco di viaggi e conoscenze "importanti", di Allan, e si giustificherà l'atto coraggioso compiuto dal centenario.

A differenza di tanti libri divertenti e ricchi di humor, questo racconto non si limita a strappare qualche sorriso (forse anche più di qualche), ma, leggendo delle vicende del centenario sin dalla nascita, si ripercorre un'intero secolo di storia mondiale, dall'imporsi del generale Franco in Spagna alla morte di Roosevelt, dall'avvento di Stalin alla bomba atomica, rivisti in chiave ironica. Il nostro Forrest Gump letterario, sebbene Allan non abbia nessun deficit intellettivo, è ben caratterizzato e approfondito, tanto da non trovare alcuna difficoltà nell'affezionarci all'arzillo nonnetto. La trama, in cui sono assenti punti morti, scorre ad un ritmo che risulta accattivante e coinvolgente. Le alternanze fra la vicenda del gruppo di fuggiaschi e i ricordi del passato di Allan sono ben organizzate così da non perdere il filo delle storie parallele. Uno stile fresco, frizzante è quello di Jonasson, che in questo romanzo ci fa capire, con il sorriso sulle labbra, che non è mai troppo tardi. Arrendersi alla vita, idea che non accarezza il protagonista, è un preludio alla morte ed è il messaggio che questo racconto vuole comunicarci. Qualsiasi azione commessa in passato, qualsiasi età si possa avere, qualsiasi cultura o reputazione possiamo portarci dietro, l'importante è guardare avanti e prendere la vita con la necessaria leggerezza. Se si vuole passare dei bei momenti in allegria, senza che la qualità delle letture ne risenta, Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve è la lettura giusta.

"Sofia si veste sempre di nero" Paolo Cognetti

"Sofia si veste sempre di nero"
Paolo Cognetti
Minimum fax editori
€ 14,00
Quando si parla di autori italiani sono sempre scettico.  Non perché sia così ottusamente convinto che in patria non ci siano autori capaci di trasmettere emozioni, ma perché come spesso mi è accaduto, soprattutto con gli autori chiacchierati, premiati e pubblicizzati, la lettura risulta deludente, se non noiosa. L'idea più comune che mi son fatto è quella di un autore che, dall'alto della sua saccenza, si concede malvolentieri ad un pubblico che non lo capirà a fondo, e dunque, messi i panni del difensore della cultura, si impegna ad istruire ed educare il fruitore alla lettura, facendo sfoggio delle sue (presunte) capacità letterarie. Con mia profonda soddisfazione Paolo Cognetti, già autore di diversi racconti e romanzi nonché amministratore del blog Capitano mio Capitano, è riuscito a  tirarsi fuori dal cliché in cui gli autori italiani stanno rientrando.

La vita di Sofia è complicata. Nata prematura, come un presagio di ciò che le riserverà la vita, il suo percorso è irto di ostacoli. Un padre che ha vissuto gli anni di piombo in una Milano in rivolta. Una mamma che rimpiange l'abbandono di una carriera artistica per dare alla luce una figlia, Sofia appunto, e di cui è succeduto il matrimonio riparatore. Matrimonio infelice, un rapporto fatto di incomprensioni, che segnerà Sofia, accentuando ed amplificando i lati spigolosi del suo carattere. Una donna difficile, quasi intrattabile, incapace di lunghe relazioni sentimentali e sociali, questo diventa Sofia. La sua passione, quasi fosse un'ostinazione, nel voler diventare un'attrice la porterà a vivere situazione sempre più complesse. 

Come anticipato nella mia nota introduttiva, polemica fino all'esasperazione, gli autori italiani, come fossero un unico organismo pensante, adeguano il loro stile l'uno all'altro, con il risultato che scritti di diversi autori appaiano figli di un'unica penna. L'eccessiva messa in evidenza della drammaticità della vita dei protagonisti risulta stucchevolmente sgradevole. Sofia si veste sempre di nero parla di una vita drammatica in anni drammatici. Cosa fa la differenza allora con altri autori? La ragione stessa che Cognetti abbia un suo stile letterario lo colloca già ad un piano differente. La vita di Sofia è descritta come se fosse guardata da terzi. Il padre Roberto, la madre Rossana, la zia Marta, il suo amico d'infanzia Oscar e il suo coinquilino Pietro e altre comparse della vita di Sofia ci parlano di lei e di come il mondo la guarda. Personaggi comuni che smorzano i toni drammatici portandoci ad un livello sopportabile e realistico. Cognetti ha la capacità di raccontare come se fosse un vecchio amico che ci narra una storia, in modo limpido, scorrevole, poetico. Lo sfondo, una Milano degli anni settanta, ci permette di dare uno sguardo ad un'Italia in difficoltà, di conoscerne i dettagli e el ragioni per chi come me è nato un decennio dopo, e ci spinge a riflettere parallelamente alle difficoltà odierne. Un libro quindi che giudico molto positivamente e che consiglio. Il prossimo passo è quello di approcciarmi agli altri scritti di questo promettente autore.

"Il mummificatore" Nicola Brunialti

"Il mummificatore"
Nicola Brunialti
Newton Compton Editore
€ 9,90
Se vi capiterà di seguire Nicola Brunialti sui social network (personalmente lo faccio da tempo su twitter) avrete modo di conoscere una persona brillantemente spiritosa, intelligente, modesta, ed estremamente simpatica. Dopo questo, che potrà sembrare un atto di piaggeria ma che è solo motivato dalla stima e anche da una buona dose di affetto maturato nel tempo, posso iniziare a parlare del suo libro. Consapevole di trovarmi fra le mani un libro per ragazzi, mi aspettavo una lettura semplice, elementare. Posso confermare che è una lettura per ragazzi, ma assolutamente scevra da qualsiasi banalità e inconsistenza narrativa.


Se per i vivi il mezzo per evocare un defunto è una seduta spiritica, per i fantasmi lo è una seduta vivitica. Unico problema: nel mondo degli spiriti evocare un vivo è perentoriamente vietato. È ciò che invece succederà a Sophie, tredicenne che vive a Vienna con sua madre, il cui passaggio fra l'infanzia e l'adolescenza è accompagnato da un periodo carico di teschi, abiti scuri e ciocche fucsia. Da che è morto nonno Thomas, tre anni prima, si reca ogni giorno alla sua tomba per raccontare, come ad un fidato confidente, le vicende quotidiane. Non sa di essere oggetto d'attenzione di Wilfred, il fantasma che infesta il cimitero dove nonno Thomas è sepolto e che sarà uno dei responsabili del viaggio di Sophie nel regno dei morti. Nel frattempo, un misterioso serial killer, mummificando le sue vittime, terrorizza la città. Inutile dire che la vita di Sophie e quello del Mummificatore sono destinate ad incontrarsi.

Ammetto che, prima di conoscere Nicola Brunialti, questo libro aveva attirato la mia attenzione per la scelta grafica, decisamente ben azzeccata, della copertina, e per questo vanno i miei doverosi complimenti alla casa editrice. Il Mummificatore, come già anticipato prima, è una racconto per ragazzi. Non bisogna lasciarsi ingannare da questa definizione, perché saper raccontare ai giovani, distratti dai videogame, internet e social network, così riluttanti nei confronti della lettura, e riuscendo per altro a catturare immediatamente l'attenzione senza annoiarli, è tutt'altro che semplice. Brunialti, avendo orami acquisito un certo bagaglio d'esperienza in campo, ha avuto successo nell'intento. Sebbene per un adulto certe scene possano sembrare prevedibili, rimane in ogni caso un racconto originale, divertente e mozzafiato in cui le giuste dosi di suspance e avventura sono sapientemente equilibrate. Saper passare dai pensieri contorti e cupi del Mummificatore, che ritroviamo a principio di ogni capitolo, ad una narrazione più candida e spensierata quale è la vita di Sophie, è un'impresa raggiunta a stento persino per i più noti scrittori (accennavo giusto a questo parlando de L'intervista col vampiro) e dove invece l'autore ne esce vincente. Che siate adulti o giovani, lettori compulsivi o occasionali, è una lettura che vi raccomando e che sono certo amerete.

"Il seggio vacante" J. K. Rowling

"Il seggio vacante"
J. K. Rowling
Salani editore
€ 22,00
Osannato, applaudito, pubblicizzato, esaltato. Di pochi libri sono state intessute le lodi come nel caso de Il seggio vacante. La Rowling, "madre" del mago più famoso del mondo e forte del suo successo, merito anche delle fortunatissime trasposizioni cinematografiche, questa volta smette i panni della candida autrice   di libri per ragazzi per vestire quelli di una scrittrice matura, impegnata, riflessiva (ci sarà riuscita?). Il suo primo libro "per adulti", definizione fuorviante che lascia viaggiare la fantasia (in tutte le "sfumature" possibili...), e il cui livello d'aspettativa era alto come non mai. I suoi fan ne sono rimasti abbagliati come San Paolo sulla via per Damasco. Personalmente cercherò di parlarne nel modo più obiettivo possibile

Pagford. Insignificante, minuscola, anonima cittadina inglese. E come in tutte le insignificanti, minuscole, anonime cittadine i pettegolezzi e le piccole ipocrisie sono all'ordine del giorno. Se poi i cittadini hanno più di uno scheletro nell'armadio, il problema potrebbe diventare preoccupante. Questo apparente ristagno della vita di provincia viene sconvolto quando Barry Fairbrother, uno dei membro del consiglio municipale, viene stroncato improvvisamente da un ictus. La corsa per occupare il seggio vacante farà emergere la vera natura degli abitanti della bucolica cittadina. Persone egoiste, spietate, in cerca di potere e approvazione incondizionata. Una comunità dove l'unico ad essere sempre stato irreprensibile sembra sia proprio il defunto.

Che la Rowling sappia scrivere, maturando uno stile e una padronanza linguistica, ormai è risaputo. Avventurarsi nel campo non facile dei libri più impegnati rispetto al racconto per ragazzi, però, è un'altra storia.  La trama, arricchita dalle introspezioni dei molteplici personaggi, risulta piatta. L'intenzione di mettere in luce un problema (che chiunque viva in un piccolo centro abitato prova sulla propria pelle) è stata fin troppo forzata. Pangford potrebbe essere benissimo l'entrata per l'inferno. Abitata solo da persone con inclinazioni malvagie, la cui unica anima candida è venuta a mancare. Quindi oltre alla piattezza, dove per buona metà del libro non succede assolutamente nulla, si aggiunge un'assoluta mancanza di realtà. Mettere in evidenza poi solo le caratteristiche negative dei personaggi non è stata una scelta felice. Odiare ogni singolo cittadino pangfordiano, insieme all'irreale situazione e alla piattezza, ha fornito più volte motivo di abbandono di questa lettura che arrancava agonizzante. Riuscire a finirlo è stata una sfida contro me stesso. Dopotutto non si può formulare un parere su un libro se non lo si è nemmeno finito di leggere. Speravo in una ripresa finale, ma, oltre a un inaspettato, tardivo e drammatico colpo di scena, la ripresa non c'è stata. Che non abbia capito lo spirito, il motivo, la profondità del romanzo? Tutto è possibile, il mio è ben lontano dall'essere un ipse dixit.

"Io sono leggenda" Richard Matheson

Letto diversi mesi fa ma di cui non sono riuscito a scrivere nulla. A volte mi faccio sopraffare dalla pigrizia o dalle circostanze che ci travolgono come un vortice. Ma non potevo assolutamente sottrarmi dal parlare di Io sono leggenda di Matheson che, per farla breve, mia ha entusiasmato non poco. Evidentemente non sono stato il solo, in quanto è stato  ispiratore di film,  i giovanissimi ricorderanno l'omonimo film del 2007 diretto da Francis Lawrence e interpretato da Will Smith, ma non dimentichiamo 1975:occhi bianchi sulla terra datato 1971 e L'ultimo uomo sulla terra del 1964, e di fumetti, l'adattamento di Steve Niles e Elmann Brown è nella mia wishlist fumettistica.

Robert Neville è solo. È solo contro il mondo. Tutti gli esseri umani, i suoi amici, il suo vicino, sua moglie, sono pericolosi. Un improvviso contagio (sarà stata quell' insolita tempesta di polvere?) li ha trasformati in temibili vampiri. Senza coscienza, senza sentimenti, guidati solo dall'istintivo impulso di nutrisri di sangue. Il destino gli riserverà due sorprese. Due incontri che potrebbero aiutarlo ad emergere dal baratro emotivo in cui è sprofondato, o a metterlo di fronte all'inevitabile realtà.

Inutile parlarvi della profonda differenza fra la (libera?) trasposizione cinematografica e il libro. A chi ha avuto il piacere di vedere il film non saranno risparmiate le emozioni che fa vivere il libro.
Il ritratto che Matheson fa di Neville è accurato, reale. Parlarvi del modo in cui vengono affrontate le  angoscie di una vita passata in completa solitudine, incentrata sulla sopravvivenza stentata, sempre su filo del rasoio, in bilico fra l'istinto alla vita e la voglia di abbandonare un mondo che è cambiato e che non gli appartiene più, fornisce solo una pallida idea della profondità di questo racconto. Relatà distopica, con un'umanità stravolta, impazzita, che mette in dubbio la sanità mentale ed emotiva del protagonista stesso. Un romanzo che esorta e incoraggia a riflettere su chi siamo, che posto abbiamo nel mondo e come esso, a dispetto dei nostri principi, della nostra moralità, delle nostre abitudini, cambia, va avanti, non nella direzione che ci auspicavamo, e intraprende un percorso tanto distante da noi da consideralro estraneo, sconosciuto. Una visione dell'uomo, e dell'umanità, che si avvicina così tanto alla realtà da spaventarci e allarmarci. Che Matheson abbia visto lungo e abbia previsto il repentino declino dell'uomo?

"Racconti africani" Doris Lessing

doris lessing
"Racconti africani"
Doris Lessing
Universale Economica
Feltrinelli Edizioni
€ 7,50
Di tutte le letture il cui tema è stato l'intolleranza razziale, fra cui posso essere felice di aver letto Radici di Alex Halley, L'amico ritrovato di Fred Uhlman,  la recente personale scoperta di Marguerite Duras con L'amante della cina del nord , Racconti africani di Doris Lessing si è guadagnato uno dei posti d'onore. Per quanto il tema di fondo non sia il pregiudizio razziale, anche se l'oscura ombra incombe in tutti e undici i racconti, questa raccolta ci permette di respirare l'atmosfera selvaggia e remota della Rhodesia, attuale Repubblica dello Zimbabwe.

"Dark shadows, la maledizione di Angelique" Lara Parker

lara parker
"Dark shadows
la maledizione di Angelique"
Tre60 edizioni
€ 9.90
Se pensate di poter leggere prima il libro per confrontarlo poi con la presunta trasposizione cinematografica che lo ha reso noto, non potreste essere tratti più in inganno di così. Perché entrambe le opere, ben scritta e affascinante l'una e stupendamente realizzata e diretta l'altra, si ispirano in realtà all'omonima serie tv americana anni settanta, ripresa poi negli anni novanta. Se la pellicola si sofferma sull'esistenza di Barnabas, ricco signore condannato da Angelique, strega vendicativa, ad una vita da vampiro, il romanzo ci spiega come Angelique è riuscita a diventare una strega e quali sono state le motivazioni che hanno spinto a maledire il suo ex amante.