"Battle royale" Takami Koushun

"Battle royale"
Takami Koushun
Piccola biblioteca
Oscar Mondadori edizioni
€ 12,00
Ammetto che se non si fosse posta tanta attenzione per questo libro in seguito al presunto plagio (presunto perché non gli ho ancora letti) da parte di Suzanne Collins e della sua trilogia, di cui Hunger games è il primo capitolo, forse non avrei scoperto l'esistenza di questo romanzo. Misteriosamente la trilogia della Collins non ha sollevato il più leggero lembo della mia insaziabile curiosità letteraria, mentre Battle royale, sarà per il fascino magnetico della letteratura nipponica o per la curiosità di scoprire le ragioni del presunto plagio, ha attirato la mia attenzione. Devo ammettere però che anche la trama di Koushun Takami non eccelle in originalità. L'idea di un gioco mortale con la graduale morte dei partecipanti era già stata partorita sin dagli anni cinquanta, e anche nel cinema è stata sfruttata ampiamente (ricordiamo per esempio L'implacabile, con uno Schwarzenegger all'apice della sua carriera). Dopo questa breve anticipazione della trama, possiamo parlare del libro.

Il Giappone, in questo presente alternativo, è la Repubblica della Grande Asia dell'Est. Un governo totalitario, chiuso e spietato. Ogni hanno una classe di terza media viene sorteggiata per il Battle royale, una gara che avviene su un'isola in cui il vincitore è colui che sopravvive sterminando i suoi compagni. Tocca questa volta alla terza B della  scuola di Shiroiwa, formata da 42 studenti. Convinti di partire per una gita scolastica, si ritroveranno invece coinvolti nel gara mortale.

Al di là della scorrevolezza e dalle molteplici scene gore (prendo in prestito un termine cinematografico), non trasmette null'altro. La trama è alternata da momenti in cui il racconto scorre a momenti invece in cui la trama sembra ristagnare e dove le azioni dei ragazzi diventano prevedibili. La sequenza di omicidi, troppe per riuscire a tenere alta l'attenzione, si riduce ad un'arida lista di morti improbabili e reazioni inverosimili, tanto da risultare quasi irritante. La prosa di Koushun è elementare, nell'accezione negativa del termine, in contrasto con il target a cui si orienta il racconto. Un'idea che, svilupppata sapientemente, poteva offrire spunti di riflessione, la situazione stessa di un Giappone alternativo in cui la libertà di parola e di pensiero è punibile con la morte ne è una, idea che rimane semplicemente abbozzata. Dei personaggi, per quanto di ognuno si approfondisca il passato, non viene tracciato alcun profilo psicologico. Si ha l'impressione, salvo poche eccezioni, di avere 42 ragazzi caratterialemte identici fra loro, con le medesime reazioni e medesimi timori. Il finale, prevedibile come molte scene, sancisce la definitiva delusione. Per quanto venga classificato come lettura per adolescenti, non mi sentirei in pace con la coscienza nel consigliarlo. Violenza gratuita, linguaggio elementare, carenza di stile non cono caratteristiche degne di una lettura, che sia per giovani o per adulti.

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